ARPA BIRMANA
I CADUTI DI CODEVIGO
Dell'esistenza di fosse comuni nelle quali erano
state gettate, nelle 'Radiose Giornate' numerose salme di Caduti della
Repubblica Sociale Italiana, nei Cimiteri di Codevigo, Brenta d'Abbà
e S. Margherita, si seppe a distanza di tempo.
Rosa Melai e altre camerate furono le prime a effettuare
visite a quei Cimiteri, recando umilmente e senza ostentazione alcuna l'omaggio,
della fede, della pietà, del ricordo, a Coloro che erano ivi caduti.
Durante quelle visite le nostre donne incontrarono
i familiari dei Caduti e vennero così a conoscere dalla loro viva
voce i particolari dell'orrenda strage.
Il Capo partigiano Arrigo Boldrini, comunista, a
lungo deputato nel dopoguerra, diede mano libera ai suoi partigiani.
Fu così che le sue bande, composte da partigiani
romagnoli ed appoggiate nelle varie zone da antifascisti locali, dilagando
nelle terre del Basso Brenta, poterono perpetrare, fra l'altro, l'eccidio
di Codevigo che fu una vera e propria strage di innocenti disarmati.
Dai pochi scampati si venne a sapere che quei Caduti
erano tutti appartenenti a formazioni della R.S.I. della provincia di Ravenna,
i quali, trovandosi il 'fatidico' 25 aprile nei presidi di Pescantina e
Bussolengo erano già stati prelevati e rinchiusi nelle carceri locali.
I rastrellatori di Boldrini li prelevarono coi pretesto di condurli a Ravenna,
loro terra d'origine, per un regolare processo.
Furono invece portati a Codevigo, e qui fucilati,
a gruppi, sulle rive del Brenta.
La corrente si portò via molti di quei cadaveri,
mentre quelli rimasti sugli argini furono caricati come immondezza su carrette
agricole e gettati nei vari cimiteri della zona.
Il maggior numero di queste salme fu sepolto a Codevigo
in un'unica fossa comune in cui ne furono trovate ben 77. A S. Margherita
ne furono sepolte 17, altre 12 a Brenta d'Abbà.
Queste esecuzioni assassine furono perpetrate fra
il 3 e il 13 maggio 1945: non si trattò quindi di un atto di guerra,
sia pure partigiana, e nemmeno di rappresaglia, in quanto non vi fu alcun
processo nemmeno sommario, ma quei nostri Camerati erano stati prelevati
ed uccisi in massa, mentre erano già prigionieri e disarmati.
Contemporaneamente erano stati levati dalle loro
case (dalle quali non erano fuggiti ritenendosi indenni da accusa alcuna)
undici Camerati di Codevigo, tra cui un'impiegata ed una maestra, e tutti
trucidati assieme agli altri.
Rosa Melai, con il grande appoggio di Ida
de Vecchi, non essendo riuscita a realizzare il suo vivo desiderio di riunire
le sparse salme nel Cimitero di Padova, si dedicò, anima e corpo,
ai poveri trucidati di Codevigo.
Fu così che riuscì ad ottenere dal
Comune di Codevigo il terreno per costruirvi l'Ossario, e sarà opportuno
ricordare che la spesa necessaria fu sostenuta quasi esclusivamente dalle
stesse famiglie dei Caduti.
Finalmente, presi gli accordi col sindaco di Codevigo,
si iniziò la ricerca e la riesumazione delle salme accogliendole
nel punto in cui si sarebbe costruito l'Ossario. Fu un lavoro lungo, difficile,
finché, nel marzo 1962, con l'autorizzazione dei Commissariato Onoranze
ai Caduti in guerra che aveva fornito le cassette necessarie, i miseri
resti, davanti a numerosi familiari accorsi da Ravenna, furono puliti,
raccolti, identificati e riposti nelle cassette.
Passarono ancora due mesi di intenso lavoro per
completare il Sacello, e si giunse così all'inaugurazione ufficiale,
il 27 Maggio 1962. Ricordiamo quel giorno con una commozione che non si
è mai spenta.
Da Roma era venuta la Vedova della Medaglia d'Oro
Barracu, trucidato a Dongo, mentre Ida de Vecchi, 'Mamma Ida' per tutti
i reduci della R.S.I. e delle loro famiglie, dalla sua Trieste portava
l'esempio della sua infaticabile attività di animatrice e custode
dei valori della R.S.I. di cui ora si onoravano i Caduti.
Ma sopra tutti, compatto monumento di orgoglioso
dolore e di fede incontaminata, il gruppo dei familiari dei gloriosi Caduti,
giunti da Ravenna a pregare e a non dimenticare sull'unica, degna tomba,
ove Essi giacevano, finalmente riuniti, come nei ranghi delle loro ultime
battaglie senza vittoria, ma piene di onore.
La Messa e la benedizione fu celebrata da un coraggioso
Cappellano militare che onorò molto degnamente i nostri Caduti.
Le Salme ora riposanti nell'Ossario sono 114, fra
cui due donne ed alcuni ragazzi di 16 e 17 anni.
LA LEGIONE N. 2 Aprile-Giugno 1997 (Indirizzo e telefono:
vedi PERIODICI)
CODEVIGO: UN ECCIDIO E UN SACRARIO
Rosa Melai
1a puntata Nuovo Fronte 192:
Già dal 1946 (prima della fondazione del
MSI) a Padova, con un gruppo di camerate, iniziai la mia attività
per onorare i Caduti della R.S.I. sepolti nel Cimitero locale (dove riposavano
pure molti camerati tedeschi) e in un cimitero di guerra di Abano Terme.
Nell’anno 1949 si costituì a Milano l’Ass.
Naz. Fam. Caduti e Dispersi della RSI; per la Provincia di Padova fu Delegata
Anna Maria Pozzo. Mi unii a lei ed iniziammo così la ricerca dei
Caduti e dei loro familiari. Quando nel 1951 uscì la legge a tutela
dei Caduti della RSI, ci adoperammo ad aiutare le famiglie per inoltrare
le pratiche di pensione.
Nessuno ci finanziava e a tutto si provvedeva con
enormi sacrifici personali; ma l’Associazione doveva vivere perché
i familiari dei Caduti ci sentissero vicini.
Soltanto nel 1950 (o 1951) giunse al MSI di Padova
la notizia di fosse comuni nel Cimitero di Codevigo, in cui erano sepolti
oltre un centinaio di Combattenti della RSI trucidati dai partigiani dal
1° al 13 maggio 1945.
Iniziarono così le nostre visite nei giorni
dedicati al ricordo dei nostri gloriosi Caduti, visite che si ripeterono
a Codevigo ogni anno a maggio nella ricorrenza dell’anniversario, ed il
4 novembre, data che idealmente li accomunava ai Caduti della Iª Guerra
Mondiale.
Già dalle prime volte ci incontrammo con
molti familiari dei Caduti: spose, madri, fratelli e sorelle che provenivano
da Ravenna e provincia, affrontando un viaggio disagevole. Scendevano dal
pullman proprio al ponte sul Brenta, luogo che aveva assistito all’eccidio
dei loro cari e, dopo una lunga camminata giungevano al Cimitero dove l’enorme
fossa comune ed altre minori raccoglievano le care spoglie. Dopo questa
visita, il loro calvario proseguiva verso i Cimiteri di S. Margherita e
Brenta d’Abbà distanti parecchi chilometri, e così, chiusi
nel loro dolore, ritornavano a Ravenna in quella città ostile, dove
pure vivevano i carnefici dei loro martiri.
Questi incontri mi ponevano di fronte a quelle meravigliose
donne di Romagna; condividevo profondamente il loro dolore. Nacque in me
imperioso il dovere di dare una segna sepoltura a tutti quei soldati che
così atrocemente pagarono per mano fratricida il loro Amor di Patria.
Desidero pure parlare della tragedia che ha portato
a Codevigo questi nostri fratelli, che hanno servito la Patria nel periodo
più tragico della sua storia. La fine della guerra li colse a Bussolengo,
a Pescantina e Candiana, dove consegnarono le armi ai locali CLN. Tornati
a casa, con il solo obbligo di firmare ogni giorno, fiduciosi restarono
in attesa, ignari della tragedia che li attendeva.
Non voglio ricordare ai familiari le tristi vicende
perché già sono e resteranno scolpite nei loro cuori. Chi
leggerà queste note dovrà sentire la fedeltà alla
causa di quel folto gruppo di Combattenti RSI di cui onoriamo il ricordo
e la memoria al Sacrario di Codevigo. Purtroppo i partigiani di Ravenna,
giunti a Codevigo, prelevarono in quel piccolo centro e dintorni altri
17 camerati, fra il 1° e il 13 maggio ’45.
La signora Cappellato, vedova di un trucidato, titolare
di un bar a Codevigo, ci fu prodiga di aiuti ed informazioni. I familiari
dei Caduti che giungevano da Ravenna e provincia, appena in paese si recavano
da lei che, pur chiusa nell’immenso dolore, aveva sempre una parola affettuosa
per tutti, e questo dai primi anni del dopoguerra sino alla sua morte.
Come realizzare l’impegno che mi ero assunta? La
passione che era dentro di me mi diede la forza di iniziare.
I primi contatti furono con il Comune, e quindi
con il Sindaco di allora. Molto benevolo con me che andavo da lui in nome
del Caduti della RSI. Difficile elencare quante persone furono interpellate
e visitate per raggiungere ciò che mi ero imposta. A seguito di
una mia domanda, il Sindaco fece dono all’Associazione del terreno per
costruirvi il Sacrario.
Fu necessario visitare il cimitero di S. Margherita,
entro la cui cinta muraria vi erano due fosse comuni, prendere contatti
con il Comune di Correola da cui dipendeva il Cimitero di Brenta d’Abbà,
e necessariamente con il Parroco dal quale apprendemmo che i Caduti erano
12, e che il Parroco di allora aveva provveduto a dare regolare sepoltura
ad ognuno; inoltre ci segnalò la salma di un altro Caduto in altro
Cimitero.
Quanto si delineava, era chiaramente un compito
molto impegnativo, che per anni ho diviso con gli impegni familiari.
Un camerata e amico di Padova, Carlo Paggi, fece
il disegno per il Sacrario. Per presentare il progetto occorreva un tecnico;
la fortuna mi aiutò. Dopo varie ricerche, conobbi l’Ing. Munaron
che si adoperò gratuitamente alla realizzazione del progetto, presentato
(con la sua firma) alla Prefettura di Padova, e approvato dalla Commissione
nel novembre 1957. Enorme fu la mia gioia nel ricevere quel documento che,
finalmente, portava un poco di serenità ai familiari dei Caduti
e mi consentiva di promettere a mio marito che, terminato il Sacrario,
avrei lasciato il mio compito.
Purtroppo il 30 novembre, un grave lutto sconvolse
la mia vita ed io dovetti tralasciare ogni cosa; però non
tralasciai di rendere omaggio ogni anno ai Caduti della RSI sparsi nei
vari Cimiteri, proseguendo così gli incontri con i familiari dei
Caduti. La realtà era che nessun camerata sentì il dovere
di proseguire quel mio compito, che - per necessità - avevo trascurato.
Ero capofamiglia e dovevo lavorare duramente, ma
il mio pensiero era a Codevigo; fu così che nel 1960 ripresi i contatti
con il Sindaco del paese e con altre autorità locali ed a Roma con
il Commissariato Onoranze ai Caduti in guerra, per avere l’autorizzazione
alle esumazioni e la fornitura delle cassette occorrenti.
A Padova ero sola ad operare, ma mi furono molto
vicini moralmente, a Milano, il Segretario Nazionale Luigi Gobbi ed a Trieste
la meravigliosa Ida De Vecchi.
Bisognava dare inizio alle esumazioni nel terreno
in cui doveva essere eretto il Sacrario. Il lavoro ebbe inizio alla fossa
che conteneva le salme dei quattro trucidati di Pontelongo; nella seconda,
(dove avrebbero dovuto trovarsi soltanto i tre fratelli Villa), furono
invece esumate sette salme tra cui una donna. Sistemati i resti in
cassette singole, da Ranzato (figlio di un trucidato di Pontelongo) furono
chiuse e trasportate nella stanza mortuaria del Cimitero, dopo la benedizione
di un Sacerdote della Parrocchia.
A seguito di accordi con l’impresa costruttrice,
si diede inizio ai lavori per la costruzione del Sacrario, lavori che,
pur con varie interruzioni, procedettero fra polemiche; l’Ing. Munaron
intervenne dall’inizio per far rispettare gli accordi, ma forse l’ombra
della politica incideva non poco. Io personalmente, dovetti seguire i lavori
per avere la certezza della continuità, ma la mia persona, in quanto
donna, contava poco. In quella situazione riuscii ad affidare ad altri
il proseguimento di un compito così spiritualmente importante, e
trovai in un marmista di Arzergrande, un artigiano sensibile ed onesto
che portò l’opera alla fine.
Comportò molto impegno anche la ricerca delle
foto, presso i familiari, con frequenti visite a Ravenna per facilitare
il compito a molti che non avevano la possibilità di muoversi ed
anche per evitare che le foto andassero smarrite. Contemporaneamente all’inizio
dei lavori fu iniziata la raccolta dei fondi necessari alla costruzione
dell’Ossario.
Alla fine del 1961 la costruzione del Sacrario poteva
definirsi ultimata, malgrado fosse rimasta aperta la botola di accesso
all’Ossario.
Avvertito di ciò il Commissariato alle Onoranze
ai Caduti in Guerra, giunsero allora le cassette-ossario e l’autorizzazione
alle esuma-zioni. Ne fissai la data dal 20 al 27 marzo ’62.
Purtroppo a questo punto si restò bloccati
perché il Comune di Codevigo non disponeva di personale adatto per
un compito così importante; essendo molto vicina a me spiritualmente
Ida De Vecchi, comunicai a Lei questa situazione ed il mio stato d’animo.
Questa meravigliosa donna, che, a Trieste, difendeva ed onorava i Caduti
della RSI, mi venne in aiuto, mandando cinque giovani speleologi che già
avevano recuperato salme nelle foibe.
I ragazzi giunsero a Codevigo il 19 marzo; avevo
scelto per loro un alberghetto con trattoria, dove vissero senza essere
disturbati da alcuno; anzi, la gente del posto li guardava ammirata. Attraversavano
il paese in tuta mimetica e con il pugnale alla cintola, poi si trovavano
al cimitero con me. Subito si creò fra noi un legame spirituale,
che doveva durare perfetto per lungo tempo. Purtroppo le vicende politiche
e la scarsa possibilità di comunicazione, me ne hanno fatto perdere
le tracce, mentre ancor oggi, vorrei poterli riabbracciare, perché
la loro devozione non la dimenticherò mai. Perdonate questa divagazione
personale; ma desidero che chi non ha vissuto quei giorni, sia a conoscenza
di questo aspetto umano, che così tenacemente mi aveva legata ai
ragazzi di Trieste. Da queste righe (se le leggeranno) vorrei dire loro,
se ne siano al corrente oppure se abbiano cercato di pensare cosa sia un
esumazione!
Le esumazioni ebbero inizio il 21 marzo al cimitero
di S. Margherita, dove - in due grandi fosse entro il muro di cinta - furono
recuperati sedici Caduti, alla presenza di un gruppo di familiari di Raven-na.
Purtroppo non vi fu nessun riconoscimento. A mezzo del furgoncino di Ranzato,
da Pontelongo le cassette, coperte dalla Bandiera Tricolore, furono trasportate
al Cimitero di Codevigo. Il giorno seguente ci recammo alla frazione di
Brenta d’Abbà, dove risultavano dodici salme, che all’epoca, benché
sepolte in un’unica fossa, erano in casse singole, perché l’allora
Parroco del luogo così aveva predisposto.
2a puntata Nuovo Fronte 193:
Purtroppo qui ci trovammo di fronte ad un abuso.
Furono esumate sei salme, mentre sulle rimanenti
erano state costruite due Cappelle di famiglia; furono così sospesi
i lavori nell’attesa che il Comune provvedesse.
Il giorno 23 ebbero inizio le esumazioni a Codevigo;
prima si procedette ad esumare i resti nelle varie fosse singole; e poi
iniziò il lavoro alla grande fossa comune che racchiudeva i resti
di 47 Caduti, giungendo ad un totale di 76. Fu un lavoro disperato: la
fossa grande richiese quattro giorni di dedizione assoluta. Non è
possibile descrivere la sofferenza dei presenti. La pattuglia di Trieste
ebbe l’elogio di tutti, per l’amore con cui svolse quel compito; una grande
famiglia si ritrovava ogni mattina nel cimitero e così spiritualmente
uniti si assisteva con emozione al ritrovamento dei poveri resti.
Moltissimi i familiari dei Caduti che, con disagi
e sacrifici, ogni giorno da Raven-na raggiungevano Codevigo.
Aiutata dalle mie amiche, provvidi a ripulire le
ossa di quei gloriosi soldati, e soltanto al Cimitero di Codevigo fummo
presenti otto giorni. Ricordo tanti nomi di familiari: prima tra tutti
la Signora Villa, madre dei tre fratelli, che dormiva in una casa di contadini
per non allontanarsi; le Signore Danzi, Maroncelli, Cavina, Toni, Spazzoli,
Allegri, Cacchi, i fratelli Virgili, i fratelli Ranzato, Crivallaro, Contri,
Manfrin, Pasi, Bertuzzi, Baraldi; il gruppo di Marina di Ravenna e poi
tanti altri di cui non ricordo i nomi, ma sono certa mi perdoneranno. A
tutti questi si aggiungevano i familiari dei Caduti di Codevigo che avevano
così tragicamente vissuto le strazianti giornate del maggio ’45.
Di fronte a tutti i familiari chiusi nel loro dolore che in religioso silenzio
vivevano quelle ore e mai sono venuti meno al loro coraggio e alla loro
fede, mi son sentita una piccola cosa e ho ringraziato il Signore d’avermi
scelta per quest’opera che ha dato degna sepoltura a tanti fedeli della
RSI portando un po’ di pace nel cuore di questa gente semplice della Romagna
e di quel piccolo centro.
Ho trascurato un piccolo ma importante particolare.
Durante le esumazioni furono necessarie le mascherine per gli addetti alle
esumazioni, e con gesto generoso Umberto Virgili corse a Padova in macchina
per procurarsi tutto ciò che necessitava. Portato a termine il doloroso
compito delle esumazioni e dalla pulitura delle ossa, ancora dovevamo dar
prova del nostro amore, e così, in silenzio (come avessimo dovuto
sistemare delle reliquie) adagiammo in cassette singole, quelli che era
stato possibile ricomporre, e nelle casse grandi gli altri. Concluso il
lavoro, le cassette allineate nello spazio interno del Cimitero ricevettero
la benedizione e le esequie da parte del Cappellano della Parrocchia di
Codevigo, Ulderigo Ranzato di Pontelongo. Questi, con l’aiuto della “Pattuglia’’
provvide alla saldatura delle cassette che furono sistemate nell’Ossario.
L’indomani Fontana, Farinacci e Silvio Contri furono pure loro inumati
nel Sacrario.
I trucidati di Codevigo e paesi limitrofi furono
in totale diciassette, tutti prelevati dalle loro case dove erano rimasti
fiduciosi, ed andarono invece incontro ai supplizi più atroci, al
dileggio e all’indifferenza della gente del luogo che in venti mesi di
RSI non aveva mai assistito a tanta malvagità.
Le esumazioni, iniziate il 20 marzo, ebbero termine
il giorno 29.
Nel periodo delle esumazioni tutti ebbero il conforto
di passare al Bar della Signora Cappellato, che sapeva donare a ciascuno
il suo sorriso ed una parola, anche se aveva il cuore sanguinante dal dolore;
i ragazzi triestini più volte al giorno entravano a salutarla, dopo
aver appreso da me che era un’amica nonché la più coraggiosa
donna del posto.
Essa rappresentava il simbolo di questi nostri
fratelli trucidati, che aveva visto trasportare al Cimitero con le carrette
degli spazzini, testimone oculare di tutte le orrende sevizie subite dai
trucidati di Codevigo.
Ultimata la loro meritoria opera, i ragazzi di Trieste
tornarono a casa, pronti a completare le esumazioni a Brenta d’Abba’ dove
erano state sospese: un incauto costruttore aveva edificato due cappelle
di famiglia sulle rimanenti sei salme che non era stato possibile esumare.
Fu necessario rivolgersi alla Prefettura di Padova che dette ordine di
puntellare le cappelle onde poter scavare sotto. Era il 1962. Nessuno credeva
che la volontà della Melai avrebbe ottenuto ciò che era nei
diritti dei familiari dei Caduti. Ritornò quindi la “Pattuglia’’
ed il lavoro durò parecchi giorni.
Con il furgoncino dei fratelli Ranzato, le cassette
coperte dal Tricolore furono portate a Codevigo ed unite alle altre che
già erano nell’Ossario.
Appoggiata dall’Avv. Luci, allora Segretario del
MSI di Padova, con l’aiuto di Piero Bonetto impiegato della Federazione,
furono diramati gli inviti a tutte le Associazioni d’Arma ed a tutti gli
iscritti del MSI per organizzare la cerimonia dell’inaugurazione del Sacrario
la cui data era stata fissata al 27 maggio 1962.
Dall’inizio della costruzione del Sacrario a tutto
il periodo delle esumazioni, anche la Federazione del MSI di Ravenna -
nella persona di Renzo Amadei - mi fu molto vicina e da parte loro vennero
pure raccolte offerte per la costruzione del Sacrario, unitamente ai camerati
di Padova e ad una raccolta fatta dalla Sig. Munaron. Alla cerimonia parteciparono
tutti i familiari dei Caduti di Ravenna e Codevigo.
La cerimonia dell’inaugurazione, pur con le limitazioni
imposte dalle Autorità che arrivarono fino ad impedire all’on. Pino
Romualdi di parlare, si svolse regolarmente. Il Cappellano celebrò
la S. Messa, rievocando il sacrificio dei nostri fratelli barbaramente
uccisi. Si trattava di Mons. Scubla, Cappellano Capo della Zona Territoriale
di Padova.
La cerimonia riuscitissi-ma, anche se fra due ali
di polizia, vide accorrere camerati da tutte le città del Veneto
vicine a Padova, con i loro Dirigenti ed i Labari; da Trieste Ida De Vecchi,
da Roma la vedova Barracu.
Dal 1962 al 1975 due volte all’anno ho sempre organizzato
le Cerimonie al Sacrario. In seguito, essendomi trasferita a Genova, i
familiari di Ravenna - tutti carissimi amici - hanno voluto dispensarmi
della Cerimonia di novembre. A tutti coloro che ogni anno giungono a Codevigo
al mio richiamo, vada la mia gratitudine per il loro affetto e la loro
stima, come pure a quelli che ci hanno lasciato, perché sono sempre
presenti con noi.
A tutti raccomando di onorare sempre questo Sacrario
che ha in sé lo spirito dei Caduti che noi onoriamo dal Ponte sul
Brenta, e di tutti quelli ancora sparsi nelle campagne circostanti.
In questi ultimi anni ho rivolto ai vari Sindaci
di Codevigo la richiesta di poter apporre sul Monumento dei Caduti in Guerra
una lapide con i nomi dei Caduti di Codevigo e dei paesi vicini. Lo scorso
anno ci è stato concesso dall’attuale Sindaco ed ora il nome dei
Caduti della RSI di Codevigo ha il posto d’Onore al Monumento dei Caduti.
Al Sindaco Gerardo Fontana, a nome dei familiari
dei Caduti, è stata donata una targa d’argento che ricorda l’evento.
Chi era presente lo scorso anno ricorderà
che in previsione di ciò che può accadere in futuro, ho presentato
un camerata che in questi ultimi anni per suo desiderio ha collaborato
alla buona riuscita della cerimonia. L’ho invitato ad essere il mio successore,
per tutelare il Sacrario in nome dei Caduti della RSI ed a nome dei familiari
dei Caduti che a lui possono affidarsi tranquilli.
Grazie a tutti se siete riusciti ad arrivare sino
in fondo.
NUOVO FRONTE N. 192 e 193 di Maggio e Giugno 1999 (Indirizzo
e telefono: vedi PERIODICI)